allegoriaonline.it

rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Uwe Tellkamp, La torre. Storia di una moderna Atlantide

[Bompiani, Milano 2010]

Nato a Dresda nel 1968, cresciuto in una famiglia di medici e musicisti, chirurgo a sua volta (traumatologia), Uwe Tellkamp ha continuato a esercitare la professione, non dedicando alla scrittura che «le poche ore restanti», fino al conferimento del premio Bachmann, nel 2004. Dopo averlo accostato a Wolfgang Hilbig e Reinhard Jirgl, gli ultimi grandi prosatori dell’avanguardia tedesco-orientale, i critici hanno accolto con perplessità il suo secondo romanzo, Der Eisvogel (‘Il martin pescatore’, 2005), considerato da alcuni il segnale di un «ritorno della “rivoluzione conservatrice”» nella letteratura tedesca. Ma queste oscillazioni della critica si sono arrestate di fronte a La torre (2008), unanimemente acclamato come il definitivo «romanzo sulla DDR».

Dal punto di vista formale La torre è uno Zeitroman, nella doppia accezione di affresco di un’epoca e meditazione sul tempo, ma è anche un romanzo di formazione e un romanzo d’artista con una specifica pretesa di verità. Modello esplicito è La montagna magica di Thomas Mann. Anche nella Torre si narra di una società in declino, quella borghesia di cultura che conduce un’esistenza anacronistica nel quartiere del Weißer Hirsch di Dresda come già nel sanatorio di Davos. Anche qui la narrazione abbraccia sette anni, dalla morte di Brežnev nel 1982 alla caduta del Muro. Il materiale storico è sottoposto, ancora sulla falsariga di Mann, a un trattamento musicale fin dalla wagneriana Ouverture: dal mare delle voci del passato affiora il mito di Dresda, la «Storia di una moderna Atlantide» (questo il sottotitolo).

Perfino la topografia ricorda, nella sua organizzazione verticale, la Montagna magica: la narrazione inizia con l’ascesa del giovane protagonista Christian Hoffmann sui colli dell’Elba, il «lassù» culturale e politico che costituisce l’effettivo spazio della narrazione, contrapposto al «laggiù» dove sta la gente «normale». Tra i protagonisti è soprattutto Meno Rhode, il redattore editoriale che con i suoi monologhi interiori introduce nel romanzo un livello metariflessivo, a condurre un’esistenza pendolare tra il polo borghese degli «abitanti della Torre» e quello della nomenclatura realsocialista, anch’essa insediata sui colli della «Roma dell’est». Christian, che come il Wilhelm Meister di Goethe vuole diventare un artista o quantomeno un medico di fama, si accosta al secondo solo esteriormente, prestando il servizio militare per ottenere l’accesso agli studi di medicina, ma conserva fino all’ultimo una riserva interiore.

A ben guardare però il contrasto tra i due poli è più apparente che reale, poiché la concezione dell’uomo e i metodi pedagogici che vi dominano sono sostanzialmente analoghi: nell’irrigidito umanesimo di Christian – prodotto della sua educazione «lassù» – si manifesta un’estraneità al mondo che lo tiene a distanza dai personaggi che stanno «in basso» e dalla loro mentalità. Nella distinzione dal mondo inferiore del «popolo», il mondo interiore degli «abitanti della Torre» e quello esteriore dell’«aristocrazia rossa» possono identificarsi. Al centro del romanzo stanno dunque i problemi di un’élite culturalmente e/o politicamente privilegiata, tanto da dare l’impressione che la vera resistenza interna alla DDR sia venuta dalla borghesia di cultura, mentre il movimento “dal basso” per i diritti civili appare assai sbiadito.

La virulenza politica dell’opera di Tellkamp sta nel risuscitare il pathos, tradizionalmente borghese, della deutsche Tiefe quale collante per la deutsche Einheit; la sua virulenza letteraria nel ritorno a una narrazione mannianamente «mormorata all’imperfetto» che, innestata su una struttura testuale stratificata e frammentaria, rivela l’aspirazione a coniugare rappresentatività nazionale e modernità formale. In questo modo Tellkamp può tornare ad occupare, nel campo letterario tedesco, la posizione dello scrittore-notabile, il cui rinnovato successo è legato al rafforzamento di analoghe posizioni borghesi, neoconservatrici e neopatriottiche nel campo politico della Germania riunificata.

(traduzione di Michele Sisto)

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